lunedì 24 settembre 2018


Scherzavo, ovviamente.

Mi avete un po' sottovalutato se eravate convinti che chiudessi questa mega rassegna senza entusiasmo, senza pathos, senza musica!

A parte il fatto che in Texas ho visto delle targhette-souvenir con perle di saggezza tipo: "l'alcol è sempre la risposta, non chiedetemi la domanda".
Alcol, musica. Il luogo di Dallas dove trovare entrambe le cose è il Deep Ellum, zona ad est di Downtown che prende il nome dalla storpiatura della pronuncia texana della parola "Elm". Elm Street è la via principale del quartiere.

La seconda metà del '900 ha visto Deep Ellum trasformarsi da una zona di periferia industriale e malfrequentata ad un concentrato di locali e bar in cui bere ed ascoltare musica, dotati di quello stylish touch che caratterizza molti quartieri riconvertiti di questo tipo.
In realtà anche oggi, a notte fonda, non ci sono esattamente persone che inviterei per il caffè, di conseguenza il mio consiglio è di andarci per cena e farsi una di quelle serate in cui è una libidine guardare l'orologio e realizzare che non sono ancora le dieci.

La comunità artistica è piuttosto florida, e il simbolo del quartiere sono le tre enormi sculture a forma di robot denominate The Traveling Man, che rappresentano i tre momenti di un viaggiatore: il riposo ("The Awakening"), l'attesa ("Waiting on a Train") ed il cammino ("Walking Tall").

Va comunque detto che quando ho visitato questo quartiere, e in generale tutta Dallas, ero pervaso dalla contraddizione che ti assale al termine di un lungo viaggio: ti diverti, certo, ma al contempo non ti dispiacerebbe tornare a casa.
I tuoi luoghi, i tuoi affetti, le tue comodità, il non dover esibire il passaporto per ordinare una birra.

È paurosamente ampio il catalogo delle canzoni ideali per il quadro di una qualsiasi metropoli americana che si allontana da te, alle prime luci dell'alba.
Da "Sailing" di Christopher Cross a "The Fountain Of Youth" di Michael Franks, passando per "Last Train Home" di Pat Metheny. Oppure tutte e tre, che il viaggio si preannuncia lungo.


domenica 16 settembre 2018

Anche a Dallas c'è un intero quartiere dedicato alla cultura (con cui non si mangia, lo ricordo), che a conti fatti risulta il più grande d'America nel suo genere.
Proprio qui gli architetti superstar hanno dato del loro meglio: negli ultimi decenni una manciata di isolati è stata ricoperta di edifici a scopo culturale prestigiosamente firmati.

Il mio preferito è il Morton H. Meyerson Symphony Center, che però è di nuovo opera di Ieoh Ming Pei. Direi per par condicio di scomodare qualcun altro.

Norman Foster è celebre per la cupola del Reichstag di Berlino, e se vi fate venire in mente 5 strutture architettoniche contemporanee di Londra, probabilmente 3 sono opera sua.
Per Dallas ha progettato la piacevolissima Winspear Opera House, che si inserisce nel più vasto AT&T Performing Arts Center, un gigantesco polo sede di diverse compagnie teatrali, di canto e di ballo.
Chiedo scusa se c'è qualche super appassionato di architettura: menzionare l'autore di un edificio, assieme ad alcune sue celebri creazioni, non è tanto un fatto di garanzia e di brand ("l'ha fatto Norman Foster quindi è bello") ma serve a rendere l'idea di quanto abbiano pensato in grande a Dallas, e soprattutto chi è in grado di riconoscere il marchio di fabbrica di un grande progettista tramite ricerca di somiglianze con altri suoi lavori, lo può fare.

Citazione particolare la merita l'adiacente (ma meno recente) scuola d'arte dedicata a Booker T. Washington, figura fondamentale del '900 per la lotta alla segregazione razziale, e qui ricordato da un monumento. Ho studiato la sua storia all'università ed è tra le poche cose che ancora ricordo a menadito. Bello ritrovarlo qui.

Ebbene ragazzi, è il momento di salutarci. A Montréal avevo iniziato con un landmark culturale e con un landmark culturale concludo. Saluto questo continente pieno di vita, diversità, contraddizioni, con la certezza che sia solo un arrivederci.


lunedì 3 settembre 2018

La playlist va avanti e ora in riproduzione c'è "Try Me On, I'm Very You" dei Deee-Lite, altra bellissima colonna sonora da camminata urbana.

Sono rimasto favorevolmente colpito dalla onnipresenza delle fontane nell'arredo outdoor (perdonate l'inglesismo, ho già usato "urbano" nel paragrafo precedente) della Downtown di Dallas.
Buoni esempi sono la Pegasus Plaza e soprattutto la fontana della moderna chiesa First Baptist Dallas che ha, tra l'altro, un vulcano finto che erutta acqua ad intervalli regolari.

Ma tutto è oscurato da un luogo che la fontana ce l'ha pure nel nome. Il grattacielo Fountain Place è uno degli edifici più vistosi del quartiere degli affari: la sua costruzione ha infatti previsto un palazzo a forma di prisma che acquisisce una forma diversa a seconda dell'angolazione da cui lo si osserva. Pare dovesse avere un gemello ma negli anni 80, decennio della sua costruzione, si verificò la crisi del petrolio texano con conseguente mancanza di verdoni.
L'architetto della torre è lo stesso della piramide del Louvre di Parigi e della Bank Of China, il grattacielo trasparente di Hong Kong: il cino-americano Ieoh Ming Pei, che peraltro ho scoperto essere attualmente (luglio 2018) ancora tra noi alla veneranda età di 101 anni.
A lui si devono diversi edifici della Downtown, non ultimo il municipio.
E se, come dicevo precedentemente, le sculture nelle plaza portano firme meno celebri di quelle a Chicago, a livello architettonico Dallas ha moltiplicato gli edifici ad opera di progettisti superstar, di cui il signor Pei è uno dei tanti. Approfondiremo nel prossimo articolo.

Beh ma sicuramente vorrete sapere perché questo trionfo di acciaio si chiama Fountain Place, no?
Potrei sbagliarmi, ma credo sia per la presenza di 172 (cento-SETTANTA-due) fontane nella plaza pedonale sottostante. Esse formano un vero e proprio spettacolo idrico automatizzato ed è possibile passare su una scala che affianca alcuni laghetti disposti in discesa. Naturalmente, è facile immaginarsi quanto forte sia la somma degli scrosci d'acqua lì sotto. Che mi importa delle cascate del Niagara, io sono stato al Fountain Place!