domenica 28 ottobre 2018

Budapest: oggi

Vuoi per i prezzi, vuoi per la concorrenza, vuoi per mentalità o politica, l'Italia da qualche decennio fatica a proporsi come meta di turismo giovanile.
Gli ostelli non sono ancora una realtà iper consolidata ed è raro veder comparire il belpaese in classifiche riguardanti le mete consigliate ai backpackers, o a chi cerca intensa vita notturna (nelle altre classifiche ci siamo praticamente sempre, amor patrio non vi scenda).
Da tenere d'occhio non sono tanto le solite BarcellonaLondraBerlinoIbiza, perennemente presenti, quanto molte città dell'Est Europa che sopraggiungono dalle retrovie.

E se Budapest magari non figura tra le città europee che stanno pensando in grande architettonicamente, la sua vita notturna è al passissimo coi tempissimi, con risultati a seguito.
L'ultimo eclatante esempio sono i ruin pub ("pub in rovina"). All'inizio di questo millennio infatti, da parte di diversi gruppi di giovani, iniziò l'occupazione e la riconversione di molti edifici abbandonati nel cuore del centro. Vennero recuperati e reinventati mobili in disuso come vecchie poltrone, divani, credenze e vasche da bagno, che ne costituiscono ora l'arredamento. Sì, i ruin pub sono praticamente dei collage. Un modo per non buttare via niente e usarlo sapientemente. Il risultato è una folla di indigeni e turisti finché il clima mite lo consente.

Il primo e più celebre ruin pub si chiama Szimpla Kert. Un capolavoro di due piani che conta diversi bar, un cortile, innumerevoli stanze in cui rilassarsi su strambe sedie ed un sacco di modi diversi di intrattenere gli avventori. Ogni sera c'è qualcosa, ma soprattutto la domenica ha qui sede un mercato di prodotti contadini locali.
Veniteci presto, dopo mangiato, perché la tentazione di esplorarne ogni singolo angolo, per ore, potrebbe sopraffarvi.


venerdì 19 ottobre 2018

Budapest: ieri

Amo Budapest sin da quando ci andai la prima volta con obiettivi tutt'altro che turistici: gigante festival musicale.
Niente mi impedì in quell'occasione di proporre ad un ragazzo della combriccola, preso bene quanto me sulle camminate urbane, di farsi un giro in hangover.

Motivo del giro: il monumento dedicato a "I Ragazzi Della Via Pàl", il più celebre romanzo ungherese nonché uno dei miei preferiti in assoluto, caratterizzato da una storia tutt'altro che allegra ed incentrata sulla denuncia di mancanza di spazi aperti nella capitale magiara.
In realtà, con tutto il rispetto, il monumento vero e proprio si rivelò la parte meno divertente del giro, dato che il percorso per arrivarci aveva compreso diverse stradine e piazzette tutt'altro che affollate, che Budapest tiene per chi le vuole scoprire.

Chiedo scusa se le elencherò in stile agente immobiliare, in modi tutt'altro che convincenti, però insomma avete diritto ad illustrazioni mentali di qualche tipo.

C'è Egyetem tér, bellissimo spazio pubblico circondato da una chiesa, un museo, una fontana, una facoltà universitaria e diversi caffè.
C'è Ràday utca, via su cui si affacciano decine di bar e ristoranti, i cui dehors creano una bella parata.
C'è Ötpacsirta utca, verde e fiancheggiata da monumentalissimi palazzi museali.
E poi la mia preferita, Mikszàth Kàlmàn tér (in foto, che ve lo dico a fà), piazza pedonale con fontana e diversi caffè, posta a brevissima distanza da edifici culturali, musei e biblioteche.
Tutt'altro che brutta. 


giovedì 11 ottobre 2018

Trieste: oggi

Suvvia, mi pare ovvio che la frase dell'articolo precedente non volesse sminuire Barcellona e l'ottimo lavoro là fatto negli ultimi decenni.
Al contrario, la metropoli catalana dovrebbe essere presa come modello da città di mare italiane che hanno altrettanto potenziale.
E poi ho bisogno di citare positivamente Barcellona per questo nuovo articolo, ma se ci attacchiamo a questi dettagli...

Il paragone tra Viale XX Settembre e La Rambla viene fin troppo facile, pur essendo la controparte triestina meno ampia e interamente pedonale nel primo tratto.
Ristoranti, locali, caffè (alcuni di gran prestigio), negozi e cinema affollano i due lati del viale che, nonostante sia l'area pedonale cittadina a sprigionare più modernità, ha molto da raccontare nei suoi due secoli di esistenza.
L'hanno frequentato, soprattutto ai tavoli dei suoi caffè, decine di intellettuali tra i nativi di Trieste e quelli ben felici di andarci. Italo Svevo, Umberto Saba, James Joyce ci confermano che Trieste è da sempre luogo favorito dalla crème. Mi viene in mente il grande Gillo Dorfles, nativo triestino e testimone di un secolo artistico, morto ultracentenario qualche mese fa.

Il viale come lo vediamo si deve a Domenico Rossetti. Quando la zona era ancora occupata da un acquedotto ed era aperta campagna, questo antiquario triestino costruì un villone immerso nel verde, con un sentiero alberato che costeggiava la fonte idrica cittadina.
In pratica, ogni volta che percorriamo questo viale stiamo compiendo una violazione di domicilio. Vergogna. 










martedì 9 ottobre 2018

Trieste: ieri

Premettiamo che qualche anno fa la Lonely Planet "in persona" collocò Trieste al primo posto di una speciale classifica dedicata ai luoghi sottovalutati dai turisti.
Perciò, soprattutto per i vagamondo stranieri, tutta la città è già una rivelazione in partenza.

Ma la più bella attrazione famosa - non famosa di Trieste resta il Ghetto: la manciata di viuzze appena dietro la celebre (da noi) Piazza Unità D'Italia. Botteghe, antiquari, bar e ristoranti contrastano col suo nome poco felice. Il piccolo distretto è caratterizzato da una storia lunga ed intricata, che va di pari passo con quella cittadina anche grazie alla sua posizione centrale. Ne consiglio l'approfondimento. 

Di sera la zona diventa uno dei fulcri della vita notturna del centro assieme al Canal Grande, a via Torino e alla piazza dell'Arco di Riccardo. Triestini e turisti affollano i numerosi locali disposti nei vicoletti, creando un'atmosfera assolutamente magica.
C'è da scommettere che se altri centri storici italiani più problematici (e certo, anche più grandi) come Genova e Napoli fossero tutti così, città come Barcellona i turisti non saprebbero nemmeno localizzarle sulla cartina.

La via che si vede in foto si chiama Androna del Pane, e deve il suo nome alle venditrici di pane che giungevano a Trieste, dette Servolane. L'Androna è invece una toponomastica caratteristica di questa zona di mondo (alla pari dell'Archivolto in Liguria o del Chiasso a Firenze) ed indica un vicoletto, una via stretta tra le case, a volte anche un cortile senza via d'uscita. Non in questo caso.


lunedì 8 ottobre 2018

Eurotrippa

Voglio essere onesto: questo viaggio è un'avventura attraverso varie città d'Europa assieme ad un caro amico, muovendosi in autobus e dormendo in luoghi economici. Fin qui niente di particolare. Migliaia di persone l'hanno fatto prima di noi e altrettante lo faranno dopo.

Eurotrippa nasce per fotografare (ehm, letteralmente) in modo schietto e selettivo due realtà per ciascuna delle città europee che visiteremo, magari sottovalutate, magari invece celebri ma con quell'angolo poco conosciuto che meriterebbe hype. Da Milano ci muoveremo verso est. Una delle due foto sarà in rappresentanza della città "di ieri", i suoi fasti e le sue glorie passate, o i suoi angoli nascosti. L'altra sarà dedicata alla città "di oggi", un qualcosa (spesso non distante dal centro) che dimostri le capacità della città di tenere il passo con l'età moderna, oppure semplicemente fuochi di paglia belli da vedere. Fin qui magari ancora niente di particolare, sarete voi a giudicare.

Il nome Eurotrippa l'ho scelto per fare un parallelismo tra il modo in cui cambiano i centri urbani europei nel corso degli anni, e il modo in cui la pancetta di un viaggiatore va e viene, si espande e si ritrae a seconda della quantità di cibo e di birra che consuma.
Sto scherzando dai, non sono un cantante indie moderno. Ho scelto Eurotrippa perché mi faceva ridere.